Sto preparando una scaletta per la serie di interviste che, dalla settimana prossima, sottoporrò a un capitano di industria, leader mondiale nella produzione di attrezzatura sportiva. So che questo stuzzica la vostra curiosità, ma non posso svelare altri dettagli perché il progetto è coperto da segretezza, soprattutto rispetto all’obiettivo.
In ogni caso, mi fa piacere condividere le considerazioni di carattere più generale di alcuni giornalisti che, in questa fase del lavoro, mi investono fino a diventare le mie linee guida.
Eccole: fare un’intervista è la cosa più bella che ci sia perché dalla dialettica tra due esperienze (dell’intervistatore e dell’intervistato) nasce inevitabilmente una terza esperienza, quella dell’incontro, e dunque, di un arricchimento umano, psicologico, culturale – Stefano Lorenzetto
Questo è lo spirito con cui affronterò l’uomo-imprenditore.
Chiunque troverò, sarà comunque un’opportunità di crescita e di scoperta.
Una buona intervista ha bisogno di molta preparazione. Diciamo almeno un giorno di lavoro, telefonando agli amici e ai nemici, leggendo tutti i ritagli sul personaggio, che spesso sono moltissimi, e se c’è qualche libro da leggere tocca farlo. La preparazione è ciò che fa la differenza tra una buona e una cattiva intervista – Sabelli Fioretti
In effetti, come pensate che mi stia avvicinando alla data del primo incontro?
Raccogliendo e leggendo quante più informazioni possibile.
Quello che posso reperire dai documenti dell’azienda e ciò che circola in rete, in effetti, sono dati già noti e non occorre che li richieda al mio intervistato.
Semmai, devo tirare fuori ciò che non è reperibile, se non attraverso il dialogo.
È necessario segnarsi le domande da fare, costruirsi una scaletta che si deve essere pronti ad abbandonare in qualsiasi momento se le risposte lo richiedono. La cosa peggiore è voler rispettare a tutti i costi l’elenco delle domande, qualsiasi cosa dica l’intervistato. Qualcuno è talmente concentrato sulla prossima domanda che non sta nemmeno ad ascoltare il contenuto delle risposte. Al contrario, bisogna essere elastici e attenti a cogliere ogni sfumatura nelle risposte: stare pronti a deviare l’intervista su un tema nuovo e sfruttare le dichiarazioni per la domanda successiva – Beppe Severgnini
La scaletta aiuta ma non se ne può rimanere obbligati. Bisogna saper ascoltare anche ciò che non viene pronunciato e accettare il flusso spontaneo delle parole.
Entrare in sintonia, stabilire un contatto visivo personale ed empatico, valutare i silenzi e i movimenti del corpo sono il giusto modo di interagire, per aiutare l’intervistato ad andare avanti nel racconto e a emergere davvero.
Che è quanto mi interessa di più!
P.s. Per chi ne vuole sapere di più, imperdibili le parole di Luisa Carrada.
Ciao 😉
Photo credits: Ferena Lenzi