Gli hashtag sono due: #Amadori e #Report.
Attorno a queste due parole si stanno scatenando commenti e tweet da far invidia ai migliori copywriter:
Amadori su Facebook. C’è scritto: di solito risponde entro un’ora. Mi sa che stavolta ci metterà di più. #Report
@spumadacento
Lo voglio proprio rivedere questo signore da domani. #amadori #report
@gfrisoli
Comunque io di #report non mi fido. Mi fido solo di Francesco Amadori perché mi dà la sua parola.
@FraGalati
Praticamente i veri “polli” erano dunque i consumatori ! #Amadori #Report
@Marinotoma
Per la fettina di pollo così fina
pipì ed amoxicillina!
@Atropos_Y
Parola di Francesco Amadori #Report
@kappaespada
Amadori. Quella del 10 e lode. #Report #resistenzapassiva
@Gio_Ioannisci
Efficaci, taglienti, pregnanti, irriverenti, perfino esilaranti, non fosse altro che riguardano un tema caro a tutti noi, che ci tocca ogni volta che portiamo la carne in tavola e per il quale la mancanza di consapevolezza può costituire un pericolo reale per la salute.
L’antefatto è il servizio giornalistico di Sabrina Giannini di Report andato in onda ieri, 29 maggio, su RaiTre, sui batteri resistenti agli antibiotici e sugli antibiotici in generale che assumiamo con il cibo, spesso senza saperlo, perché utilizzati in grande quantità negli allevamenti intensivi di animali.
Tra il materiale raccolto durante l’inchiesta c’erano alcune immagini provenienti da un allevamento di Amadori in Emilia-Romagna in cui, tra le altre cose, si vede un addetto orinare all’interno dell’allevamento, vicino agli animali chiusi al buio, in gabbie strettissime invase dai topi.
Il fatto è che Amadori, una delle principali aziende italiane nel settore avicolo, non ha preso alcuna posizione su quanto raccontato da Report.
Almeno fino al momento in cui sto scrivendo (h 15.30 circa, 30 maggio).
Ora, che i nodi vengano al pettine – se ci si mette la faccia (per scopi di marketing?) ma nei fatti la politica aziendale non è così attenta al rispetto delle norme igieniche e ai principi professati di allevamento in “zone protette in bio-sicurezza” –, è solo questione di tempo. Prima o poi accade.
Ma da qui a non attivarsi immediatamente con un comunicato ufficiale, da diramare su tutti i canali (sito, social, blog, stampa), ce ne vuole. Far attendere i consumatori non è rassicurante e non attribuisce maggiore attendibilità alle parole che seguiranno.
Non prendere in mano la situazione, – per spiegare, per fare un mea culpa, per negare se è il caso –, dà la sensazione che l’azienda non sappia come gestire la crisi, che è comunque scoppiata.
È proprio qui il punto: qualcosa è davvero accaduto: il servizio di Report (ma poteva essere la denuncia da parte di un’associazione di animalisti o la causa di servizio di un addetto all’allevamento ammalatosi di un’infezione incurabile) è uno schiaffo in faccia a tutti i consumatori.
Tocca fare i conti con tutto ciò ed evitare di gestire gli eventi con trasparenza ed onestà, se non si vuole che il silenzio faccia troppo rumore!
AGGIORNAMENTO / 2020: Il Gruppo Amadori patteggia per maltrattamento di animali dopo l’inchiesta di Report
Photo Credits: Ferena Lenzi