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27 Gennaio 2017

Comunicazione: dalle idee agli ideali

Comunicazione, Pubblicità, Social media marketing, Web content

vasi di vetro

Come riuscire a intrecciare il destino di una marca con il destino delle persone?
Innanzitutto ponendosi una domanda, prioritaria rispetto a qualsiasi brief:

What do we want people to feel?

Cosa vogliamo che senta il consumatore di fronte a un prodotto?

Lo ha spiegato, con grande efficacia, Paolo Iabichino della Ogilvy & Mather all’incontro Dalle idee agli ideali. Nuovi scenari della comunicazione, in una serata organizzata da Tipoteca Italiana e FiordiRisorse.

Un esempio su tutti: promettere che un dentifricio garantirà un “sorriso scintillante” è un consumer insight, un bisogno del consumatore, costruito sul niente. Spiegare che il medesimo dentifricio aiuterà ad avere una bocca pulita e sana, significa rispondere a ciò che la persona sente come bisogno reale, concreto.

Riuscire a tracciare e sostenere un’inversione di rotta nella comunicazione e nella pubblicità, passando da un’idea (scintillante) a un ideale, implica un cambiamento del linguaggio, nella semantica, nella visuale. Prendere una posizione (e non preoccuparsi di posizionamento) fa sì che il portato di valori dell’azienda diventi il portato di valore della persona.

Al centro del progetto non c’è più il prodotto

Al posto del prodotto, ci sono le tensioni culturali e ciò che accade nelle esistenze delle persone. È necessario uscire dalla sale riunioni ed entrare in empatia, creare una relazione, far sì che le marche «risuonino» e «impattino» attraverso emozioni contagianti e che in tal modo si facciano scegliere, non comprare.

Allora si sta sul mercato in maniera diversa e i canali social diventano habitat narrativi: la promessa si riempie di significato e l’azienda si assume una responsabilità diversa perché affronta tematiche rilevanti per la persona.

Se pensiamo che il pubblico – definizione che soppianta il concetto di target –, è in grado di accedere da solo alle informazioni, il racconto del prodotto non può più essere funzionale ma solo emotivante.

Se le marche imparano a tirare a sé il pubblico (pull) – stimolando l’affezione e la fidelizzazione – e si concentrano molto meno in messaggi utili per “farsi comprare” (push), forse anche il mondo diventa un po’ più bello.

 

Photo Credits: Ferena Lenzi

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