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17 Novembre 2021

Perché piace lo spot per l’Emilia Romagna?

Comunicazione, Content Creation, Content strategy, Copywriting, Marketing turistico, Pubblicità, Soggetto Video

In un mondo dove tutto compete per l’attenzione dei consumatori, anche le regioni sono brand. Dalla loro capacità di attrarre turisti dipendono ristoranti, trasporti, negozi, hotel, aziende e una grande quantità di servizi e realtà locali. In quest’ottica, perciò, promuoversi non è solo un’attività accessoria, ma necessaria. 

Con questi presupposti, poco prima dell’estate 2021 è uscito lo spot promozionale della regione Emilia Romagna, interpretato da Stefano Accorsi e scritto da Fabio Bonifacci e dallo stesso Accorsi, su commissione di APT Servizi e le Destinazioni Turistiche Bologna-Modena, Visit Emilia e Visit Romagna.

Dopo oltre 800 passaggi sulle principali emittenti nazionali in un mese, la campagna pubblicitaria ha riscosso opinioni entusiastiche, prima fra tutte quella del presidente della regione, Stefano Bonaccini, che l’ha accolta come un perfetto biglietto da visita. 

A guardare lo spot, infatti, viene voglia di preparare le valigie e saltare sul primo treno in partenza verso la regione. Merito di quello che possiamo definire un brillante esempio di reverse marketing.

Analisi dello spot con Stefano Accorsi

Il video si apre con un elegante Stefano Accorsi sulla spiaggia, illuminato dalla golden hour romagnola, che afferma «diciamoci la verità: in Emilia Romagna siamo un po’ sboroni, ci sentiamo primi in tutto. Ma non è vero».

 A seguire, un incalzante elogio delle tipicità emiliano-romagnole parte dal mondo enogastronomico e continua con la cultura, gli eventi, gli abitanti, fino ad arrivare alla varietà di paesaggi e opportunità offerti ai visitatori. Il tutto, però, attraverso un escamotage brillante e irriverente, votato a sottolineare le qualità impareggiabili dell’Emilia Romagna in maniera inaspettata. 

Ogni pro, infatti, è legato a un contro: a causa delle innumerevoli prelibatezze, la regione è agli ultimi posti nei campionati di velocità a tavola; per la sua organizzazione e mancanza di imprevisti, chi la visita non ha mai nulla da raccontare se non un mero «bene, mi sono divertito». E così via in un turbinio di esempi.

Il risultato è uno spot divertente e partecipato, che fa sorridere lo spettatore e lo stuzzica attraverso la tecnica del reverse marketing, ovvero quella capacità di risvegliare l’interesse del cliente in modo non convenzionale, senza inseguirlo con offerte aggressive.

La chiave di lettura dello spot è suscitare la curiosità e il desiderio di entrare in possesso di ciò che l’Emilia Romagna offre, risvegliando un senso di reciprocità e condivisione. Di fronte a un racconto tanto coinvolgente, che strizza l’occhio all’umorismo dell’osservatore, chi guarda non può che apprezzare la frizzantezza proposta, ricambiando con un interesse aumentato e una maggiore considerazione del brand.

Le critiche alla campagna pubblicitaria

Tralasciando le polemiche sul cachet percepito da Stefano Accorsi, lo spot non ha raccolto solo entusiasmo, ma anche qualche critica sulle scelte operate a livello comunicativo

In particolare, non tutti hanno apprezzato i simboli utilizzati, definiti poco autentici e legati a un’immagine dell’Emilia Romagna immutata da almeno 70 anni (il cibo, la boria del simpatico “patacca”, i portici, le piazze e le spiagge noti a tutti). Chi non ha amato l’iniziativa afferma che, al di là di una visione tanto stereotipata della regione, esiste molto di più. E indubbiamente è così.

Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che, oltre a essere disruptive, la pubblicità ha il compito di creare una relazione tra il brand e il consumatore (come nel famoso spot di Barilla durante il primo lockdown) ed è impensabile che una parte di essa non si rifaccia proprio ai simboli noti alla collettività, in grado di agganciare l’immaginario condiviso per legarlo ai valori del brand. Saperli raccontare in modo nuovo, invece, è la sua prerogativa.

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